giovedì 24 aprile 2008

La supplente





Era una calda giornata. Erano gli ultimi di marzo. Un po’ presto per essere caldo però. Il sole era magnifico. La via era bianca di polvere. Da come picchiava su il sole si sarebbe detto giugno. Ma avevamo ancora il soprabito e la sciarpa al collo. Non poteva essere giugno. Però la sciarpa dava noia. Accidenti che strada lunga. Senza nemmeno dieci centimetri quadrati d’ombra. Già i centimetri quadrati sapranno trovare l’area quei ragazzi? Prendere una classe a mezz’anno è sempre una noia. Per una settimana almeno non sai cosa fare. Quando andavo a scuola pensavo con invidia agli insegnanti mi sembravano liberi, senza responsabilità, credevo che se una mattina pioveva potessero anche rimanere comodamente a letto, e mi sembrava che non lavorassero gran che, in ogni modo senza fatica. Accidenti che fatica! Quante svolte ancora prima del paese? Che sole! La strada è maledettamente piena di polvere. Le ruote della bicicletta lasciano un fumetto continuo. Fumetto? Mai letto un fumetto. Non serve. Al massimo li puoi guardare. Si crederanno persone intelligenti quelli che li fanno i fumetti? Sarebbero intelligenti se credessero che i fumetti hanno valore solo per loro e soltanto perché ci guadagnano. Sarebbero intelligenti e realisti. Viva la verità! E’ il motto del realismo? Forse è meglio viva la realtà. Però che differenza c’è fra realtà e verità? Ecco la realtà è materiale, no meglio: la realtà riguarda le cose e i fatti e tutto ciò che è concreto e la posizione esatta di tutto ciò che è concreto rispetto all’altro concreto. La verità invece riguarda l’essenza delle cose. No, che c’entra l’essenza delle cose. Con questo sole non mi riesce più ragionare. Si, l’essenza c’entra. La verità è l’essenza della realtà, l’astrazione della realtà. La verità è l’idea della realtà. L’una è concreta e l’altra astratta. Uffa, questo sole è maledettamente concreto e anche la polvere e il chilometraggio. No, il chilometraggio è astratto, sono i chilometri concreti. Bellina quella lucertola sul muro. Sta al sole. Hanno un’aria cosi timida le lucertole! E sono belline, nel loro genere si capisce e fanno una bella vita. Se c’è il sole al sole e se piove in un buchetto ad aspettare che smetta. E mangiare? Ma, si arrangeranno. Non so perché ma la devo prendere la lucertola. Sono stanca, ho sete. Meno male la c’è un po’ di ombra. Ecco laggiù ci deve essere il paese. Si. Si. E’ il paese. Meno male. Però le lucertole sono molto carine, e timide, si timide, scappano sempre, sono l’equivalente delle mammole, anche le mammole sono timide, si dice che siano timide però non scappano. No, come vuoi che scappino, però si nascondono tra l’erba. Allora hanno paura. No, sono timide. Timide o hanno paura? La timidezza è una cosa, la paura un’altra. Io per esempio sono timida ma non ho paura. O ho paura e non sono timida. Non mi importa un accidente di sapere ora come sono. Però ci voglio pensare. Serve sempre conoscersi, si sa dove si può arrivare e non si fa mai il passo più lungo della gamba. Mi fanno male le gambe accidenti: pedalo, pedalo. Oh! Ecco il paese. La scuola deve essere quella lì. Ci sono i ragazzi. Si è la scuola. Chissà se questi ragazzi vanno a caccia di lucertole. Forse si. E le bimbe cercheranno le mammole. Mammole e lucertole. Bimbe e bimbi. Buongiorno ragazzi!

Etheridge Rosa

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